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Cover 'Pietro e Paolo'

Pietro e Paolo

Questo libro, che non tutti hanno terminato, ha suscitato nel gruppo un vivace dibattito.
La struttura del romanzo, con ordinamento decrescente dei capitoli e frequenti salti temporali, ha generato perplessità nei lettori. Chi è riuscito a resistere all’iniziale disagio ed è arrivato fino in fondo, però, ha riconosciuto a questo autore italiano la qualità di una scrittura densa di suoni, odori e atmosfere, ricca di spunti originali e poetici (si potrebbe dire ungarettiani). In particolare è piaciuto il brano dedicato ai verbi ausiliari e servili: “...anche nella grammatica, come nella vita, c’è chi comanda e chi obbedisce. Sarebbe a dire che esistono verbi servitori che permettono ad altri verbi, padroni, di spostarsi in altri tempi e spesso in altri luoghi”; una metafora molto efficace, e ben innervata nella trama, dell’apparentemente ineluttabile destino riservato a Pietro nei confronti di Paolo.

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Il sapore del testo: Saedas

Perché questa ricetta?

Pietro e Paolo sono due amici sardi: il primo di umili origini, il secondo “figlio di possidenti”. La storia, però, ribalterà i ruoli. Per questo motivo al romanzo abbiamo associato quello che oggigiorno è il dessert sardo per eccellenza ma che in origine era un piatto di cucina povera, legato alla tradizione culinaria pastorale. Non certo un dolce, dunque, ma piuttosto un secondo piatto, se non addirittura un pasto unico.

Aneddoto

Ricordo quella volta in Sardegna, con tre bambini piccoli, e io a dieta come sempre. A cena in un posto tipico, a fine pasto arriva il cameriere e ci elenca i dolci della casa; quando descrive un dolce con il formaggio, io passo, essendo a dieta, i bambini glissano, mio marito ne ordina uno. Una seada. Arriva, la tagliamo in quattro, la assaggiamo io e i bambini e lui rimane senza. Ne ordiniamo un’altra e si ripete la stessa scena; ne ordiniamo una terza, stessa scena, ma il mio boccone lo offro a mio marito, che risponde: “No, mangialo tu”, e poi si rivolge al cameriere dicendogli: “Gli assaggi sono andati bene, ce ne porti cinque; anzi no, sei: due per me!”.